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ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE: PRESUPPOSTI E CONSEGUENZE


La crisi coniugale, nella maggior parte dei casi, porta all’intollerabilità della prosecuzione della convivenza dei coniugi, tale da portare la coppia a porre fine al matrimonio, con conseguente decisione di separarsi legalmente, di comune accordo o per impulso di uno dei coniugi, dal momento che il diritto di chiedere la separazione spetta a ciascuno di essi, anche in mancanza di consenso dell'altro

La separazione personale dei coniugi, infatti, può essere consensuale o giudiziale.

In estrema sintesi, la differenza è la seguente: nella separazione consensuale sussiste un accordo tra i coniugi in ordine alle condizioni, sia personali che patrimoniali, della separazione stessa, accordo questo che il Tribunale si limiterà ad omologare mediante decreto, qualora siano rispettati i diritti di ciascun coniuge e della eventuale prole; in caso di disaccordo, invece, i coniugi ricorreranno alla separazione giudiziale, ove sarà compito del Tribunale adito stabilire, nel decidere la controversia, le condizioni della separazione medesima (mantenimento, affidamento dei figli, assegnazione della casa famigliare …).

Tornando al tema oggetto del presente articolo, è necessario chiarire, innanzitutto, che la richiesta di addebito può essere proposta solo in sede di separazione giudiziale, per i motivi che verranno di seguito meglio analizzati.

Partendo dal presupposto che l’addebito non può in alcun modo essere dichiarato d’ufficio dal giudice della separazione, ma deve necessariamente essere richiesto dal coniuge interessato a far valere la responsabilità dell’altro per la fine del matrimonio, si avrà una separazione senza addebito nei casi in cui o nessuno dei coniugi chieda la pronuncia giudiziale di addebito o detta domanda venga respinta, mentre, al contrario, si avrà una separazione con addebito nell’ipotesi in cui il giudice pronunci l’addebito stesso, espressamente chiesto da uno o anche da entrambi i coniugi.

In che cosa consiste, dunque, l’addebito?

L’addebito consiste nell’affermazione, resa da uno o da entrambi i coniugi, che la fine dell’unione coniugale sia stata causata dall’altro coniuge, il quale avrebbe posto in essere un comportamento tale da rendere intollerabile la prosecuzione della vita famigliare.

Il comportamento che determina il sorgere della responsabilità deve consistere nella violazione di uno o più doveri coniugali, ossia quelli di fedeltà, di coabitazione, di collaborazione nell’interesse della famiglia e di assistenza morale e materiale, previsti dall’art. 143 del codice civile (cfr. art. 143 c.c. – Diritti e doveri reciproci dei coniugi: «1. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. 2. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. 3. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia»).

Quali sono i presupposti?

Innanzitutto, l’addebito non può essere chiesto né dichiarato in un accordo di separazione consensuale, neppure nell’ambito della separazione mediante negoziazione assistita, poiché la responsabilità può essere accertata soltanto da un giudice e non stabilita, di comune accordo, tra i coniugi.

I casi più frequenti, come si può facilmente immaginare, sono quelli legati alla violazione del dovere di fedeltà, cioè i casi di addebito per tradimento.

In questo caso, tuttavia, non sarà sufficiente dimostrare che il coniuge a carico del quale si chiede la pronuncia di addebito sia stato infedele, ma occorrerà dare la prova che detto tradimento ha, di fatto, incrinato irrimediabilmente il rapporto di coppia.

L’infedeltà è il caso senz’altro più eclatante, ma l’addebito può giustificarsi anche in altre circostanze: a titolo di esempio, è configurabile anche nel caso in cui uno dei coniugi lasci ingiustificatamente la casa coniugale, senza rientrarvi e senza dare spiegazioni al riguardo (trattasi del cd. abbandono del tetto coniugale).

In linea di massima, quindi, al fine di ottenere la pronuncia di addebito, è di fondamentale importanza provare sia il comportamento negativo subito dall’altro, sia il nesso causale intercorrente tra detto comportamento e la conseguente crisi coniugale irreversibile.

Quali sono le conseguenze dell’addebito?

Le conseguenze sono di natura patrimoniale, infatti subire l’addebito significa:

- la condanna alle spese legali del giudizio di separazione giudiziale;

- la perdita del diritto all’assegno di mantenimento, quandanche vi fossero i presupposti per ottenere l’assegno predetto;

- la perdita dei diritti successori verso il coniuge al quale non sia addebitata la separazione.

La pronuncia di addebito produce, dunque, effetti più o meno gravosi a seconda delle condizioni economiche del coniuge che la subisce.

Occorre precisare, da ultimo, che qualora la domanda di addebito venisse respinta dal giudice, spetterà al coniuge che ha formulato la domanda stessa pagare le spese legali, in applicazione del principio della soccombenza (in altre parole: chi perde, paga).

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