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#DIRITTOFLASH: LA 'MANO MORTA' INTEGRA IL REATO DI VIOLENZA SESSUALE?


Per ‘mano morta’ si intende, comunemente, il bieco comportamento di chi avvicina la propria mano alle zone erogene di una donna, senza il consenso della stessa, per trarre piacere fisico dal contatto falsamente involontario. In altre parole, si intende il semplice sfioramento delle natiche, delle cosce o del seno, senza che a ciò corrisponda, necessariamente, anche il palpeggiamento di tali zone.

Partendo dal presupposto che per violenza sessuale ex art. 609 bis del codice penale si intende non solo l’atto fisico di congiungimento carnale, sia esso ottenuto con la forza, la violenza psicologica o l’inganno, ma anche qualsiasi contatto con le zone erogene della vittima, come ad esempio la bocca, i lobi delle orecchie, il collo, il seno, le cosce e le natiche, la Cassazione ha stabilito che non è necessario che il colpevole riesca a realizzare il proprio piacere fisico, ragion per la quale anche un gesto fulmineo o stroncato sul nascere, come appunto lo sfioramento del corpo, ben potrà integrare il reato in parola.

Per far scattare la condanna, dunque, è necessario e sufficiente un semplice contatto, al di là sia della durata dell’azione che della invasività del gesto, poiché la nozione di ‘atti sessuali’ vietati dal codice penale comprende tutti quei comportamenti che esprimono l’impulso sessuale dell’agente e che comportano una invasione della sfera sessuale del soggetto passivo, inclusi, pertanto, i toccamenti, i palpeggiamenti e gli sfregamenti sulle parti intime della vittima, tali da suscitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e per un tempo di breve durata (Cass. sent. n. 3447/2007).

Stante ciò, la c.d. ‘mano morta’ è senz’altro reato di violenza sessuale, in quanto è la Cassazione poi a chiarire come il toccamento non casuale dei glutei, o di altre parti anatomiche sensibili sia da catalogare, senza dubbio, come violenza sessuale (Cass. sent. n. 40973/2013).

Recentemente, in particolare nella sentenza n. 38606/19, la Suprema Corte ha confermato ancora una volta tale orientamento, precisando che è sufficiente il contatto con zone erogene per parlare di violenza sessuale.

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