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SE L’EX CONIUGE NON PAGA IL MANTENIMENTO, COSA SI PUÒ FARE?


La separazione personale dei coniugi è, il più delle volte, causa di aspri dissidi di natura principalmente economica, soprattutto se la situazione economico-patrimoniale dei singoli coniugi è squilibrata, tanto che uno dei due non abbia, in concreto, adeguati redditi propri tali da poterne garantire un dignitoso sostentamento.


In queste situazioni, si applica l’art. 156 c.c., rubricato ‘Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi’, che così dispone: «Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri». L’importo di tale assegno di mantenimento, ovviamente, dovrà essere commisurato alla capacità economica dell’obbligato.


Qualche volta accade, però, che il coniuge tenuto al pagamento di tale assegno non vi provveda, nonostante sia stato emesso un provvedimento giudiziale in tal senso dal giudice della separazione.

In questi casi, laddove il coniuge obbligato persista nel rifiuto di pagare quanto dovuto, si applica il disposto dell’art. 156, 6° comma c.c., il quale stabilisce che: «In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto».


Tale norma, nel sanzionare l’inadempimento dell’obbligato, non richiede una particolare gravità dello stesso, ma ritiene che tale comportamento – sia esso di ritardo nei pagamenti o, addirittura, di omissione dei medesimi - generi fondati dubbi sulla tempestività ed affidabilità dei futuri pagamenti.

In presenza di tali presupposti, il sequestro dei beni del coniuge obbligato e l’ordine di versamento diretto dell’importo da parte di eventuali terzi debitori (ad es. il datore di lavoro, l’ente erogatore del trattamento pensionistico, il conduttore dell’immobile di proprietà del coniuge e dallo stesso concesso in locazione ...), sono liberamente esperibili dal titolare del diritto all’assegno di mantenimento, anche cumulativamente.

In forza di tale norma, quindi, il coniuge avente diritto al mantenimento potrà convenire in giudizio qualsiasi soggetto terzo che sia debitore, in forza di un titolo valido, di una somma di denaro nei confronti del coniuge inadempiente.


Come si può difendere, in questi casi, il coniuge obbligato al pagamento resosi inadempiente?

Costui potrà esercitare il proprio diritto di difesa nel giudizio instaurato dall’avente diritto, ivi costituendosi eccependo, mediante memoria difensiva ed in pieno rispetto dei principi generali in tema di onere della prova, l’eventuale intervenuto pagamento di quanto richiesto.

Sul punto, è senz’altro utile richiamare quanto affermato dalla Corte di Cassazione: «La domanda ex art. 156 comma VI c.c. può essere proposta, concluso il giudizio di merito, con ricorso utilizzando il rito della camera di consiglio. Quanto al rito, nei procedimenti ex art. 156 comma 6 c.c, dovendosi applicare il procedimento di cui all'art. 737 c.p.c ed in mancanza di una diversa previsione espressa per tale singola fattispecie, il diritto di difesa delle parti è adeguatamente garantito attraverso l'instaurazione del contraddittorio tra le parti, assicurata dalla notifica del ricorso al convenuto e dalla possibilità per il convenuto di contraddire con una propria memoria difensiva, tanto più che nel caso di specie la decisione giudiziale non risolve una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso (Cass. Civ. Sez. I sentenza 22 aprile 2013 n. 9671).

Infatti, in tali procedimenti il Tribunale è chiamato unicamente a verificare la sussistenza dell'inadempimento quale presupposto previsto dall'art. 156 comma 6 c.c., essendo onere del convenuto obbligato fornire la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, cioè l''avvenuto pagamento di quanto dovuto.

Svolta tale verifica, il Tribunale adito si pronuncerà o accogliendo o rigettando la pretesa del coniuge ricorrente.


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